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Il meccanismo CBAM, coerenza Europea ad alto coefficiente di difficoltà per le imprese

Una decisione della commissione Europea aumenta la richiesta di impegno da parte delle imprese del continente, con una missione di sostenibilità ambientale che mira a quantificare quanto l’economia europea genera emissioni al di fuori dei propri confini.

È di maggio la decisione della Commissione Europea di istituire un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, il cosiddetto CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), mentre è di agosto la pubblicazione del decreto di esecuzione. Rispettivamente le due norme sono la Reg. (UE) 956/2023 e Reg. (UE) 1773/2023, ed estendono alle importazioni extra-Unione quanto già esiste per alcune delle imprese che operano all’interno dei suoi confini, cioè un meccanismo di quotazione economica del carbonio strutturata tramite certificati di emissione, entrato in funzione nel suo periodo transitorio il primo ottobre 2023 e che proseguirà fino a dicembre 2024.


Anche se leggere “periodo transitorio” già sembra più rassicurante, la prima delle scadenze dovute è a dicembre 2023 e, fidatevi, non è una scadenza semplice da incontrare, sia per la specializzazione del tema, sia per la struttura intrinseca di un sistema commerciale povero di materie prime e che quindi dipende dalle importazioni, specie per quanto riguarda l’industria pesante.


Devo confessare che la lettura dei due decreti legge da una parte ha confermato l’idea di concretezza che l’Unione Europea intende comunicare per quanto riguarda la questione climatica, ma dall’altra mi ha fatto pensare a quegli imprenditori che si trovano ad affrontare un tema complicato, scientifico e imposto in fretta e furia.

La situazione delle imprese peggiora notevolmente se consideriamo che la maggior parte dei consulenti che si occupa di sostenibilità non è specialista del tema che tratta, ma spesso ha una formazione ed un’esperienza limitata a master di qualche mese o, peggio, è riciclata da una carriera nella UNI EN ISO 14001:2015.


Qualche cenno più tecnico


Parlando del CBAM, esso si pone come un meccanismo di controllo economico che prevede una dichiarazione trimestrale, la messa in gioco di parecchi soldi e il coinvolgimento delle aziende che importano materiali o prodotti al di fuori dei confini dell’Unione Europea rientranti in certe categorie doganali.


In ordine sparso, ciò che rientra nei comparti industriali relativi alla produzione e lavorazione di:

  • Cemento

  • Energia elettrica

  • Concimi

  • Ghisa, ferro e acciaio

  • Alluminio

  • Idrogeno


Il senso teorico dietro l’istituzione del CBAM, sembra essere la volontà di non svantaggiare le aziende europee che, operando negli stessi settori, ricadono sotto il meccanismo dell’EU ETS, cioè il meccanismo interno di scambio di quote di carbonio, il meccanismo finanziario attraverso il quale l’Unione europea può obbligare il proprio comparto industriale ad operare utilizzando sistemi a minor impatto atmosferico. Per approfondire, la norma che lo regola è la Dir. (CE) 87/2003.


Forzando le aziende che importano extra Unione ad acquistare un numero di quote equivalenti ad una tonnellata equivalente di CO2 (non è una ripetizione, la tonnellata equivalente è una unità di misura), si cerca di porre sullo stesso piano competitivo le aziende già soggette al mercato dei crediti, e allo stesso tempo di agire sui gestori esteri degli impianti di produzione.


In breve, l’importatore deve rendicontare alla Comunità Europea, tramite la Dichiarazione CBAM, la quantità di anidride carbonica equivalente ha generato fuori dall’Unione Europea sulla base dei dati ricevuti dalle aziende produttrici del bene importato, i cosiddetti gestori. Sulla base della Dichiarazione CBAM, l’azienda che presenta la relazione (importatrice), acquista dalla Commissione Europea un numero di certificati CBAM sul prospetto di quanto prevede di emettere nel periodo successivo, di base un trimestre. Il costo del certificato CBAM è calcolato sulla base della media settimanale del prezzo di una tonnellata equivalente di carbonio sul mercato EU ETS. I certificati acquistati in eccesso vanno restituiti, quindi occorre fare i conti come si deve, pena belle spese in cambio di niente.

La metodologia di calcolo delle emissioni è imposta dall’Unione Europea con un livello di flessibilità sufficiente per le aziende più strutturate, ma che troverà la maggior parte delle aziende extra UE impreparate

Per certi versi, è la risposta alle accuse degli stessi imprenditori che oggi rischiano di trovarsi in difficoltà verso la comunità Europea, contestandole l’ipocrisia di regolare il carbonio del mercato interno, mentre si poteva importare merce prodotta inquinando senza limiti da altri continenti.


Ora non ci si può lamentare della coerenza dimostrata nell’imporre il principio chiave dell’Accordo di Parigi, dell’EU ETS, degli SDGs ecc.: chi inquina paga.


Come impostare una gestione delle pratiche CBAM.


Purtroppo, nel caso del CBAM, pagherà anche chi non inquina, in termini di tempo e soprattutto sanzioni, in quanto la gestione stessa delle dichiarazioni trimestrali CBAM sarà per le PMI Italiane più impegnativo che per i grossi gruppi, soprattutto a causa di una scarsità endemica di figure STEM nel mercato del lavoro italiano.


Certo, se le aziende saranno in grado di gestire efficacemente i rapporti con i propri Gestori

Esteri e farsi fornire i dati necessari per poter redigere delle Dichiarazioni conformi, o se, più probabilmente, saranno in grado di sobbarcare l’onere di gestire le importazioni a delle organizzazioni doganali, non avranno nessuna conseguenza dall’introduzione del meccanismo, a parte una maggiore spesa per le materie prime e l’ennesimo documento burocratico fatto fare da un fornitore.


La proposta che Margotta Consulting ha sviluppato, in questi mesi di studio della questione CBAM, è quella dello sviluppo di un approccio veramente sostenibile e mirato al miglioramento nella gestione sia della dichiarazione CBAM che del rapporto su queste tematiche con i gestori.

Il rapporto con le aziende della catena del valore dovrà per forza cambiare nei prossimi anni; sempre più servirà un approccio basato sulla trasparenza delle informazioni e sull’onesta intellettuale quando ci si confronta con le tematiche ambientali.

Tramite un approccio basato sulla iniziale presa in carico del calcolo delle emissioni dal gestore a Margotta Consulting tramite l’importatore, per poi agire sulla formazione e lo sviluppo delle competenze interne di entrambe le aziende, si può garantire la completezza e la conformità delle dichiarazioni CBAM lungo tutto il periodo transitorio, per poi garantire indipendenza in quella che sarà poi la versione stabile e definitiva dello schema di dichiarazione e acquisto quote.


Margotta Consulting ha nella propria vision aziendale una consulenza di sostenibilità reale, che parta da quella primaria di una società sana, cioè quella economica ed operativa di chi ci lavora.

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